TEST DI BOSCO ED OSTEOPATIA

TEST DI BOSCO ED OSTEOPATIA
Tesi di: Attila Giovanni
Relatore: dott. Ciro Zizzo
2020-21

ABSTRACT

Nell’ambito sportivo la domanda che assilla il professionista è sovente: “esiste la possibilità di spingersi al limite delle proprie prestazioni”?

E’ una domanda che non si pone solo il professionista ma anche lo sportivo amatoriale o quello alle prime armi.

Tutti questi atleti, pur in discipline differenti, hanno in comune: il desiderio di aumentare la loro prestazione, superare i loro limiti e vincere nuove sfide.

Migliorare la prestazione nello sport non richiede, come spesso si pensa, la semplice forza di volontà. È invece necessario sviluppare una conoscenza approfondita dei meccanismi che regolano l’adattamento di corpo e mente allo sforzo.

Chiunque faccia sport a livello agonistico o comunque con grande impegno, sa bene che migliorare le prestazioni di continuo, in risposta agli allenamenti, non è affatto scontato.

Molto spesso l’atleta serio entra in situazioni di stallo per cui, pur continuando ad allenarsi, non migliora in termini di risultati o addirittura la prestazione può peggiorare, ad esempio: per via di una forma di sovrallenamento dato da uno scarso recupero oppure per disequilibri (posturali, metabolici o psicologici etc. etc.).

A questo punto la domanda è sorta spontanea: “può l’osteopatia dare una mano a migliorare le prestazioni sportive”?

Per ottenere una risposta a questa domanda occorrevano 3 punti: test di valutazione osteopatica standardizzata, un trattamento uguale per tutti e infine un test affidabile di valutazione e misurazione delle prestazioni sportive.

1. I test che ho ritenuto idonei per la valutazione dei soggetti in esame sono i test Funzionali.

2. Il trattamento somministrato ai soggetti in esame è stato invece il così detto CV4 (Drenaggio o Compressione del quarto ventricolo).

3. Per valutare la prestazione sportiva ho utilizzato il test di Bosco modificato.

 

Perché utilizzare i Test Funzionali di Johnston?

L’osteopata ha a sua disposizione un’ampia gamma di test e di tecniche in quanto può agire su articolazioni, tendini, legamenti, muscoli, fasce aponeurotiche, nervi, visceri, ossa del cranio: ogni struttura richiede un approccio diverso e, inoltre, si deve tener conto delle caratteristiche del paziente.

Le Tecniche funzionali sono tecniche indirette, in quanto non vanno a forzare il distretto in disfunzione, ma cercano di trovare un punto di equilibrio delle tensioni all’interno di un’articolazione (punto neutro dinamico) o di un tessuto, e di stimolare una risposta correttiva autonoma da parte dell’organismo.

L’obbiettivo è trovare MINORE resistenza e MAGGIORE libertà di movimento. Per Johnston la qualità tessutale è il primo sintomo di una disfunzione.

 

La metodologia funzionale ci permette di avere un approccio globale del paziente.

Johnston elaborò dei test più vicini possibili al movimento delle varie parti del corpo: macroscopici, passivi, attendibili e riproducibili, simulando le caratteristiche dell’attività motoria quotidiana.

Secondo lui alla base di una disfunzione c’è sempre un problema neuronale, quindi vi è l’alterazione della qualità tissutale in primis.

La disfunzione segmentale riflette gli squilibri all’interno del “sistema come un tutto”; detti squilibri possono essere palpati come risposta ad una sollecitazione motoria funzionale indotta a qualsiasi livello dell’intero organismo.

 

PERCHE’ UTILIZZARE COMPRESSIONE del QUARTO VENTRICOLO?

Nei testi osteopatici la COMPRESSIONE del QUARTO VENTRICOLO (CV4) viene descritta come una tecnica in grado di aumentare la vitalità del meccanismo respiratorio primario (MRP).

Le pareti del IV ventricolo sono irrorate dal liquido cefalorachideo; Conosciuto anche come liquor o liquido cerebrospinale; il liquido cefalorachidiano ha diversi importanti funzioni, che sono:

o Proteggere l’encefalo e il midollo spinale.

o Creare un ambiente chimico ideale al corretto funzionamento delle cellule del sistema nervoso centrale.

o Nutrire il sistema nervoso centrale.

o Regolare la pressione intracranica (o pressione endocranica).

 

Diversi studi affermano che la compressione del IV ventricolo rappresenta il trattamento terapeutico più efficace in tutti i problemi cranici e il suo effetto non è assolutamente localizzato ma si riflette al resto dell’organismo. (Dr.ssa Viola Frymann ).

 

Perché utilizzare il test di Bosco?

I metodi per misurare la forza attraverso la capacità di salto hanno sempre avuto il limite di non saper discriminare tra le varie componenti della prestazione muscolare: forza, elasticità e coordinazione (quindi tra capacità condizionali e capacità coordinative).

L’evoluzione tecnologica nel campo dei test di valutazione ha portato alcuni fisiologi ad ideare strumenti idonei a misurare le caratteristiche peculiari dell’attività motoria.

A questo proposito, vanno grandi meriti al prof. Carmelo Bosco, che ha utilizzato una pedana a sensori collegata ad un cronometro e nella sua evoluzione una successiva pedana che ho utilizzato per la mia ricerca.

Quest’ultima presenta una variabile tecnica che ci è tornata molto utile: una fotocellula che azionava una videocamera collegata alla pedana stessa; questa variazione ci ha permesso di misurare con grande precisione l’altezza massima raggiunta dal ragazzo testato.

Nello specifico il ragazzo partiva a gambe divaricate, posizione eretta, effettuava una fase di pre-caricamento ed successivamente il salto vero e proprio; nel momento in cui staccava i piedi dalla pedana la telecamera si azionava e nel momento in cui il rilevatore posto sul sacro del ragazzo raggiungeva la massima altezza il software collegato ci dava la misurazione.

 

LO STUDIO

Per ottenere dei risultati attendibili occorre un numero di partecipanti sufficiente ed a tal proposito ho deciso di utilizzare 80 ragazzi di età compresa tra gli 10 e i 14 anni, tutti facente parte di una società sportiva di rugby.

Si è pensato di utilizzare questa fascia di età in quanto per eseguire il test di Bosco è necessario aver sviluppato buone capacità sia condizionali sia coordinative .

In questa fascia d’età le capacità coordinative e condizionali appaiono statisticamente in una finestra utile e sovrapponibile.

· CAPACITA’ CONDIZIONALI: lo sviluppo massimo avviene tra i 17-18 anni; ma le differenze sono praticamente trascurabili sino agli 11-12 anni.

· CAPACITA’ COORDINATIVE: hanno il loro massimo sviluppo tra i 6 e i 12 anni.

 

VALUTAZIONE DEL SOGGETTO

· In prima analisi si è provveduto a una raccolta di informazioni anamnestiche.

· Successivamente tutti e 80 i ragazzi sono stati testati con la metodologia Funzionale di Johnston.

· Prima di partire con il trattamento vero e proprio, si spiega ai ragazzi in cosa consiste il test di Bosco, gli si fa provare un salto come prova. Successivamente questo salto fungerà da risultato di base e sarà la misurazione di partenza.

· Il salto verrà eseguito con metodica CMJ B (salto con contro-movimento a braccia libere – arm swing).

o Si parte dalla posizione eretta;

o si esegue prima un veloce piegamento selle gambe raggiungendo i 90 gradi circa.

o per poi saltare verso l’alto.

· I dati che si otterranno verranno analizzati prima separatamente: gruppo per gruppo, e poi uniti e incrociati. Il tutto tenendo conto che per ogni gruppo vi sono 2 sottogruppi e per ciascuno di questi sottogruppi vi sono a loro volta dei contro-sottogruppi di monitoraggio.

· Il passo successivo è stato quello di dividere i soggetti in due gruppi da 40:

o GRUPPO A (40 ragazzi) della fascia di età 10-12 anni.

o GRUPPO B (40 ragazzi) della fascia di età 12-14 anni.

· Dopo i due gruppi sono stati successivamente divisi in altri 2 ulteriori sottogruppi, entrambi composti di 20 ragazzi. Alla fine abbiamo ricavato 4 gruppi cosi composti:

1) GRUPPO A1 , composto di 20 ragazzi

2) GRUPPO A2 , composto da 20 ragazzi

3) GRUPPO B1 , composto da 20 ragazzi

4) GRUPPO B2 , composto di 20 ragazzi.

 

I GRUPPI A1 e B1 sono quelli che verranno sottoposti al trattamento osteopatico, mentre gli altri 2 gruppi saranno semplicemente di controllo.

A loro volta i gruppi di 20 ragazzi che compongono gruppi A1 e B1, A2 e B2, verranno risuddivisi in ulteriori 2 gruppi da 10 soggetti ciascuno:

v A1 verrà diviso in: A1α e A1β

v A2 verrà diviso in: A2α e A2β

v B1 verrà diviso in: B1α e B1β

v B2 verrà diviso in: B2α e B2β

I gruppi A1 e B1 , sempre dopo valutazione iniziale, sanno trattati con una tecnica standard, verranno sottoposti ad un CV4 (compressione del IV ventricolo), in modo tale da uniformare il trattamento.

Tutti quanti i gruppi effettueranno il test di Bosco con Counter Movement Jump a braccia libere (CMJ B).

Ma a questo punto:

– i gruppi A1α e B1α salteranno a distanza di un’ora dal trattamento.

– I gruppi A2β e B1β salteranno a distanza di 24 ore dal trattamento.

Delineati gli 8 gruppi da 10 soggetti l’uno, spiegato il tipo di salto da effettuare e successivamente fatto eseguire, a questo punto si inizia con il vero e proprio studio.

Dato il risultato del salto di controllo e immesso nel software andiamo a far effettuare i 5 salti della prova.

 

DATI FINALI dei soggetti trattati osteopaticamente:

o A1α: CV4 attesa di 1 ora e successivamente test di Bosco, incremento del 8.9 %

o B1α : CV4 attesa di 1 ora e successivamente Test di Bosco, incremento dell’ 11.6%

o Al β : CV4 attesa 24 ore e successivamente Test di Bosco, incremento del 13.8%

o B1 β : CV4 attesa di 24 ore e successivamente Test di Bosco, incremento del 16.3%

 

DATI FINALI dei soggetti NON trattati osteopaticamente:

o A2α: trattamento placebo, attesa di 1 ora e successivamente test di Bosco, incremento del 4.4%

o B2α : trattamento placebo, attesa di 1 ora e successivamente Test di Bosco, incremento dell’ 5.6%

o A2 β : trattamento placebo, attesa 24 ore e successivamente Test di Bosco, incremento del 6.8%

o B2 β : trattamento placebo, attesa di 24 ore e successivamente Test di Bosco, incremento del 8.1%

 

CONCLUSIONI

Come appare evidente dai grafici si riscontra una notevole differenza in prestazioni tra soggetti trattati osteopaticamente e soggetti non trattati. L’incremento va da un minimo del 8.9% a distanza di un’ora dal trattamento ad un massimo del 16.3% nei soggetti trattati a distanza di 24 ore dal trattamento.

 

Lo studio ha dimostrato, dietro ogni ragionevole dubbio, che il trattamento osteopatico non solo migliora la prestazione sportiva ma la stessa prestazione sportiva si va ad incrementare con il passare del tempo.

Risulterebbe interessante proseguire lo studio analizzando quali siano le capacità maggiormente interessate dal trattamento osteopatico: capacità coordinative o capacità condizionali?

Inoltre, un ulteriore spunto per un nuovo studio potrebbe essere quello di capire sino a quanto tempo il trattamento si protrae con i suoi effetti?

Login Account

6 or more characters, letters and numbers. Must contain at least one number.

Invaild email address.